Last Updated on February 16, 2011
Symantec è particolarmente attiva in questo scorcio del 2011, così, dopo la pubblicazione del Dossier Stuxnet aggiornato, ha appena rivelato alla comunità di sicurezza il Symantec Intelligence Quarterly Report: October – December, 2010 che è interessante analizzare, notando, come questo si discosti notevolmente dall’analogo report recentemente pubblicato dalla livrea rossa di McAfee, principale concorrente del produttore di sicurezza di Cupertino.
Il titolo del report è tutto un programma: “Targeted Attacks on Critical Infrastructures” e riassume quelle che sono state le caratteristiche, dal punto di vista della sicurezza, di questo fine 2010: i cybercriminali si sono concentrati sulla creazione di malware targeted (ovvero ritagliato su misura) per danneggiare infrastrutture critiche.
Gli attacchi cosiddetti targeted sono perpetrati verso una specifica organizzazione o una specifica categoria di utenti e per questo sono notevolmente pericolosi ed efficaci, anche se usano tecniche tradizionali come phishing o link malevoli, essendo ritagliati su misura per l’infrastruttura obiettivo o anche per le abitudini o caratteristiche comportamentali degli utenti.
Attacchi di questo tipo, definiti anche Advanced Persistent Threat, trovano purtroppo una vasta gamma di applicazioni che spaziano dal furto di dati confidenziali finalizzato al profitto (ad esempo la sottrazione di credenziali bancarie), sino all’interferenza con le operazioni , se non in un vero e proprio sabotaggio dell’infrastruttura obiettivo. In molti casi, come ci ha dimostrato il 2011 (ed in particolare il mai troppo abusato Stuxnet) per ottenere lo scopo è sufficiente infettare un solo host (il famigerato paziente 0) per poi utilizzarlo come ponte involontario e catalizzatore per l’ondata di attacchi successiva.
E quindi cosa è accaduto nel 2010? La risposta è relativamente semplice, come dimostrato dal Trojan Hydraq (aka Operation Aurora secondo la nomenclatura adottata dal concorrente McAfee): una volta scoperte le potenzialità dei targeted attack i Cyber-criminali ne hanno utilizzato l’energia distruttiva verso le Infrastrutture Critiche.
A sostegno di questa tesi, il documento cita appunto i casi di Hydraq e Stuxnet. Il primo è inizialmente nato come un targeted attack facente leva su una Vulnerabilità del browser di casa Microsoft (advisory number 979352) con lo scopo finale di sottrarre informazioni alla vittima ed inviarle ad un server di comando e controllo. Questo attacco, che ha caratterizzato l’inizio del 2010 si è da subito tinto di giallo, non tanto per il mistero, quanto per i sospetti che sia stata proprio la Cina ad utilizzarlo con lo scopo di rubare credenziali di dissidenti dagli Account di Google.
Del secondo sappiamo tutto, addirittura Stuxnet era talmente targeted e così interconnesso con l’infrastruttura vittima, a tal punto che, secondo i ricercatori Symantec, sono passate solo 12 ore dalla prima compilazione alla prima infezione.
Curiosamente (ma fino a un certo punto) il report Symantec non cita Night Dragon, il malware scoperto dal concorrente McAfee che a mio avviso incarna meglio di chiunque altro, nel corso dell’ultimo trimestre 2010, il concetto del targeted attack rivolto a specifiche facility (questa volta un malware con il vizio del petrolchimico) e soprattutto facente uso di metodi tradizionali (SQL Injection e soprattutto download di malware tramite tecniche di Spearphishing) al fine di penetrare le barriere iniziali di protezione ed addentrarsi intimanente all’interno della rete verso le casseforti virtuali dove sono custoditi i segreti tecnici ed economici dell’organizzazione.
Gli attacchi di tipo targeted si fanno particolarmente pericolosi quando, come nel caso di Stuxnet. incrociano il mondo SCADA (Supervisory Control and Data Acquisition), ovvero quei processi e tecnologie che sottendono al monitoraggio e controllo delle Infrastrutture Critiche e dell’Industria, e che proprio per questo motivo, soprattutto in un momento turbolento come quello che stiamo vivendo, potrebbero essere al centro dell’attenzione di paesi nemici o singoli individui guidati da motivazioni ideologiche e politiche.
La pericolosità di SCADA non è nuova (si legga ad esempio questo articolo della stessa Symantec risalente al 2006), tuttavia nel 2010, è assurta alla ribalta grazie a Stuxnet e agli eventi successivi. Solo nell’ultimo trimestre dell’anno passato Symantec ha documentato 10 vulnerabilità pubbliche di SCADA, sulle 15 totali scoperte nel corso dell’anno. Ma non facciamoci troppe illusioni… Anche se numericamente esigue a causa della natura elitaria delle ricerche di sicurezza su questa tecnologia, l’impatto di queste vulnerabilità è immane e un malintenzionato che volesse sfruttarle saprebbe bene come rendere il proprio attacco targeted per i punti deboli di SCADA, tra i quali Symantec ha annoverato nel 2010:
- Tre vulnerabilità nell’interfaccia Web CGI dei prodotti Intellicom Netbiter webSCADA WS100 e WS200. Le vulnerabilità rilevate non sono di poco conto poiché consentono di caricare ed eseguire codice arbitrario ed accedere di conseguenza ad informazioni potenzialmente sensibili;
- Una vulnerabilità di tipo SQL-injection all’interno della pagina di login del sistema SCADA Industrial Technology System (ITS). La vulnerabilità in oggetto consente di compromettere l’applicazione modificando la struttura del database sottostante;
- Tre vulnerabilità di tipo buffer-overflow per il server DATAC RealWin SCADA. Grazie a questo insperato aiuto un attaccante è in grado di eseguire codice sul server;
- Ulteriori tre vulnerabilità sono state scoperte nel prodotto Ecava IntegraXor, di cui due di tipo remote code-execution e una terza di tipo directory-traversal. “Ambetre” le vulnerabilità di questo prodotto possono essere utilizzate da un malintenzionato per eseguire codice arbitrario o accedere a informazioni sensibili ivi contenute.
Purtroppo la situazione è ulteriormente complicata dal fatto che una architettura SCADA non deve fare i conti con le sole proprie vulnerabilità intrinseche ma è costretta a portarsi dietro anche il pesante fardello delle vulnerabilità ereditate dai sistemi operativi ospitanti (sovente Microsoft) o dal middleware e database utilizzato per l’applicazione SCADA.
L’applicazione pratica di una vulnerabilità SCADA in una infrastrutture critica è presto detta, ed il caso di Stuxnet ne è emblematico: i sistemi di controllo industriale (di cui SCADA costituisce un esempio) sono utilizzati all’interno delle infrastrutture critiche per controllare i processi operativi quotidiani. In particolare sono essenziali per controllare e processare le informazioni inviate dai sensori ed attuare di conseguenza le necessarie azioni e comandi di risposta. A questo compito si aggiungono il monitoraggio degli ambienti operativi per verificare che le attività vengono sempre effettuate all’interno dei parametri di sicurezza (sono quindi in grado di prevenire condizioni pericolose per l’uomo quali: surriscaldamento, aumento dei livelli di tossicità, incendi o potenziali sovraccarichi).
Un sistema di controllo compromesso da un malware potrebbe non essere in grado di riconoscere le condizioni di pericolosità o anche di non contrastarle efficacemente, se non addirittura di sabotare deliberatamente e in maniera subdola l’infrastruttura come nel caso di Stuxnet. Le conseguenze potrebbero essere disastrose e portare ad eventi come quello (involontario) della città di Lake Havasu rimasta a secco per un guasto nel sistema di monitoraggio delle pompe d’acqua (Luglio 2010).
E quindi?
E quindi Symantec suggerisce di limitare l’esposizione delle reti che ospitano sistemi SCADA, possibilmente isolandole dal resto del Globo. Nel caso in cui ciò non fosse possibile, il traffico verso il mondo esterno andrebbe limitato ai soli protocolli richiesti non disdegnando di proteggere ulteriormente gli accessi individuali mediante VPN IPSec autenticate ed eventualmente integrando la difesa con tecnologie di protezione di tipo endpoint sui sistemi operativi ospitanti (che comunque andrebbero sempre aggiornate) e con sistemi di Intrusion Detection & Prevention per le minacce di rete.
Dal punto di vista infrastrutturale la sicurezza di una infrastruttura SCADA è ulteriormente minata dal fatto che spesso, a causa della complessità, non è possibile creare un ambiente di test. Inoltre le interruzioni di servizio andrebbero limitate al minimo indispensabile poiché spesso sono costose se non addirittura distruttive. Suggeriti invece i test che possono essere fatti in linea, senza interrompere l’operatività quali passive asset discovery e vulnerability scanning, mentre tutte le operazioni di aggiornamento (Antivirus e pezze patch di sistema operativo) dovrebbero essere effettuate con la massima cura e con il massimo supporto dei produttori dei sistemi di controllo per minimizzare rischi e tempi di down.
Last But Not Least, non trascurare le attività di audit e policy compliance…
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