Last Updated on February 16, 2011
In questi i giorni i fari multimediali del mondo sono puntati verso Barcellona, dove si sta svolgendo il Mobile World Congress 2011.
Il lancio dei nuovi tablet ed i commenti del “giorno dopo” relativi alla Santa Alleanza tra Nokia e Microsoft (inclusa l’ostinazione di Intel nel perseguire il progetto MeeGo), l’hanno fatta da padroni. Tuttavia, accompagnato dalla mia immancabile deformazione professionale sono andato alla ricerca, tra i meandri dell’evento, di un qualcosa che non fosse la solita presentazione di prodotti. Da qualche giorno difatti un tarlo mi assilla, inconsapevolmente incoraggiato dai buchi di sicurezza che, quotidianamente, i ricercatori di tutto il globo scoprono all’interno dei terminali, siano essi Cuore di Mela o Cuore di Androide.
In effetti sembrerebbe proprio che i nostri dati e la nostra vita (professionale e personale), che sempre di più affidiamo a questi oggetti, siano sempre meno al sicuro. Probabilmente, come più volte ripetuto (ma forse mai abbastanza) il peso maggiore di questa insicurezza è da imputare ai comportamenti superficiali degli utenti che, una volta abituatisi alla velocità, comodità e potenza dello strumento, ne dimenticano i limiti fisici ed il confine che separa l’utilizzo personale dall’utilizzo professionale. In teoria la tecnologia dovrebbe supportare l’utente per il corretto utilizzo professionale, tuttavia proprio in questo punto giace il paradosso: il secondo fattore che minaccia la diffusione di smartphone e tablet per un uso massiccio professionale consiste proprio nel fatto che, con l’eccezione della creatura di casa RIM, il famigerato Blackberry, i terminali di casa Apple e Android non sono stati nativamente concepiti per un uso esclusivamente professionale, ma hanno successivamente ereditato funzioni di tipo enterprise costrette a convivere con le altre funzioni del terminale meno adatte all’attività lavorativa (in termine tecnico si chiamano frocerie).
Questo fenomeno è noto come consumerization dell’information technology, ed è uno dei cavalli di battaglia con cui i produttori di sicurezza puntano il dito verso i produttori di tecnologia mobile, e più in generale verso tutte le tecnologie prestate dall’uso di tutti i giorni all’uso professionale (e ora capisco perché i telefoni della serie E di Nokia erano sempre una versione software indietro rispetto agli altri). Alle vulnerabilità di cifratura, delle applicazioni malandrine che escono dal recinto della sandbox, dei vari browser e flash (e perché no anche alla mancanza di attenzione degli utenti), i produttori di sicurezza dovranno porre rimedio, presumibilmente introducendo un livello di protezione aggiuntivo che recinti le applicazioni e le vulnerabilità troppo esuberanti e protegga i dati sensibili dell’utente, più di quanto il sistema operativo e i suoi meccanismi di sicurezza nativi riescano a fare.
L’ispirazione mi è venuta qualche settimana fa, leggendo il Cisco 2010 Annual Security Report, ed in particolare un passaggio ivi contenuto:
Mobility and Virtualization Trends Contributing to Renewed Focus on Data Loss Prevention
Ovvero la prossima frontiera della mobilità sarà proprio il DLP, in termini tecnologici e di conformità (procedure e tecnologie di DLP hanno sempre alla base necessità di compliance). Nel mondo mobile le due strade convergono inevitabilmente: il primo passo per una strategia di protezione dei dati e di separazione netta tra necessità personali e professionali si snoda attraverso la virtualizzazione del Sistema Operativo Mobile: un argomento che avevo già affrontato in un post precedente e per il quale mi sono chiesto, dopo l’annuncio dello scorso anno di Vmware e LG, se al Mobile World Congress 2011, sarebbero arrivate novità.
Il mio intuito ha avuto ragione e mi sono imbattuto in questo video in cui Hoofar Razivi, responsabile Vmware del product management, ha dimostrato, durante l’evento, l’utilizzo dell’applicazione di virtualizzazione sul dispositivo LG Optimus Black, sfoggiando uno switch semplice ed istantaneo tra i due sistemi operativi (Android ospitante e la versione Android embedded di Vmware) senza necessità di effettuare il reset del dispositivo.
Il terminale è così in grado di ospitare due versioni del sistema operativo: una personale, ed una professionale controllata centralmente dall’Organizzazione. Le policy che è possibile controllare nell’Androide professionale includono ad esempio la disabilitazione del cut and paste per prevenire la copia di dati sensibili, la disabilitazione di fotocamera, GPS e il Bluetooth. Esiste inoltre un client VPN interno e, come ulteriore protezione, i dati dell’Androide professionale, la cui immagine è cifrata in condizioni normali e può risiedere anche nella scheda SD, possono inoltre essere cancellati remotamente.
L’applicazione, che sarà sugli scaffali nella seconda metà di quest’anno, non dipende dal sistema operativo sottostante e può essere resa disponibile in modalità Over-The-Air, così può virtualmente funzionare su qualsiasi terminale (a patto che abbia abbastanza risorse). E’ molto probabile che sarà disponibile anche per altri sistemi operativi, sulla scia anche di quanto fatto da RIM che sta per presentare la propria soluzione BlackBerry Balance, concepita per gestire in maniera separata le informazioni personali e quelle aziendali all’interno di una Mora RIM.
Alla fine sembra proprio che, almeno nel mondo mobile, la virtualizzazione servirà per aumentare il livello di sicurezza dei dispositivi.
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